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Alla legge sul sovraindebitamento sono applicabili le regole in materia di procedura fallimentare. Conseguentemente, gravano sul ricavato dei beni oggetto di garanzia sia le spese prededucibili specificamente sostenute per la loro conservazione, amministrazione e liquidazione sia un’aliquota delle spese generali.
Tribunale Bari Sez. IV, Sent., 03-06-2021
rilevato che, non essendo espressamente prevista la perentorietà del termine di cui all’art. 14-octies L. n. 3 del 2012, non può essere pronunciata alcuna decadenza ove il progetto, come nella specie, non sia stato ancora dichiarato esecutivo;
rilevato che, l’art. 14 duodecies II. co. L. n. 3 del 2012, dispone: “I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o di uno dei procedimenti di cui alla precedente sezione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”;
considerato che il creditore si duole, in buona sostanza, del fatto che la approvazione del progetto di riparto predisposto dal liquidatore comporterebbe il pagamento di tutte le spese prededucibili della procedura in danno del creditore ipotecario (segnatamente l’ammissione in prededuzione a favore dell’Avv(…) per Euro e dell’OCC – ODCEC Bari per Euro (…)) e che tale situazione si pone in contrasto con il menzionato art. 14 duodecies II co. L. n. 3 del 2012 che antepone il diritto del creditore ipotecario a quello dei crediti prededucibili, e ciò in ragione del fatto che tale norma, in maniera molto più chiara di quanto prescritto in ambito fallimentare dall’art. 111 bis l.f. (che stabilisce che “I crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”), imporrebbe la antergazione del credito ipotecario ai crediti di natura prededucibile;
osservato che la lettura della istanza dell’istituto di credito valorizza unicamente il dato letterale desumibile dall’art. 14 duodecies II co L. n. 3 del 2012;
ritenuto, tuttavia, che una tale lettura non tiene conto del complessivo dato normativo in materia concorsuale, ed, in particolare, di quanto prescritto dall’art. 111 ter l.f., che, nel prevedere che “Il curatore deve tenere un conto autonomo delle vendite dei singoli beni immobili oggetto di privilegio speciale e di ipoteca e dei singoli beni mobili o gruppo di mobili oggetto di pegno e privilegio speciale, con analitica indicazione delle entrate e delle uscite di carattere specifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale”, afferma il generale principio per cui anche il creditore ipotecario deve sopportare le spese prededucibili sia se specificamente riferite al bene su cui cade il diritto di poziorità che, in quota, per quelle c.d. generali;
ritenuto infatti che la disciplina generale espressa dalla legge fallimentare, anche in merito alla graduazione dei crediti muniti di diritti di poziorità, in relazione alle spese prededucibili, non possa essere trascurata, alla luce di una lettura sistematica di tutta la disciplina che regola la concorsualità, al cui genere anche la procedura di liquidazione del patrimonio appartiene;
osservato che la stessa Suprema Corte di Cassazione, con orientamento recente, ma successivamente mai smentito, ha affermato che “la sfera della concorsualità può essere oggi ipostaticamente rappresentata come una serie di cerchi concentrici, caratterizzati dal progressivo aumento dell’autonomia delle parti man mano che ci si allontana dal nucleo (la procedura fallimentare) fino all’orbita più esterna (gli accordi di ristrutturazione dei debiti), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio, quali la liquidazione degli imprenditori non fallibili, le amministrazioni straordinarie, le liquidazioni coatte amministrative, il concordato fallimentare, il concordato preventivo, gli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento degli imprenditori non fallibili, gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria” (Cass. 9087/2018), così sancendo un principio che postula una certa osmosi delle norme che regolano le singole procedure concorsuali (nello stesso senso, Cass. 1182/2018 e Cass. 1896/2018, sulla natura prededucibile del credito del professionista che ha assistito alla predisposizione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti a seguito della dichiarazione di fallimento);
ritenuto, dunque, che, in ragione della medesima natura giuridica che caratterizza la procedura fallimentare e la liquidazione del patrimonio che potrebbe qualificarsi come “fallimento del soggetto non fallibile”, stante la medesima finalità di liquidazione dei beni nell’interesse della massa dei creditori, possa ritenersi applicabile l’art. 111 ter L.F., e la sua declinazione giurisprudenziale, anche alle procedure disciplinate dalla legge sul sovraindebitamento (L. n. 3 del 2012);
richiamato dunque quanto condivisibilmente affermato nella giurisprudenza di merito che ha già affrontato la medesima questione, ed in particolare che “la norma di cui all’art. 111-bis, comma 2,l. fall., che prevede il soddisfacimento dei crediti prededucibili con il ricavato della liquidazione fallimentare, tenuto conto delle cause di prelazione e con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e di ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti, va letta in rapporto all’art. 111-ter, comma 2, l. fall., che prescrive al curatore di tenere un conto autonomo delle vendite dei singoli beni immobili oggetto di privilegio speciale e di ipoteca con analitica indicazione delle entrate e delle uscite di carattere specifico. Quest’ultima previsione non pone una regola di carattere meramente contabile, ma detta un criterio di regolamentazione degli eventuali conflitti tra crediti prededucibili e crediti assistiti da cause di prelazione che va risolto facendo gravare sul ricavato dei beni oggetto di garanzia sia le spese prededucibili specificamente sostenute per la loro conservazione, amministrazione e liquidazione, evidenziate nel conto speciale, sia un’aliquota di spese generali in quanto sostenute nell’interesse dei creditori.
Anche le spese di natura fiscale rientrano tra quelle inerenti l’amministrazione dell’immobile. Il creditore ipotecario non può opporsi al pagamento di spese specificamente inerenti l’immobile sul quale ha iscritto ipoteca, né pretendere che siano poste a carico di tutti gli altri creditori escludendo se stesso” (Tribunale di Milano 21.5.2015);
ritenuto, che, nel caso di specie, in applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 14 duodecies II co. L. n. 3 del 2012, art. 111 bis L.F. e art. 111 ter L.F., nessuna seria censura possa porsi in merito alle spese vive della procedura di O.C.C. e per compensi degli ausiliari del G.D.;
rilevato che, con riferimento alla quantificazione dei compensi dell’OCC, il compenso va determinato ai sensi degli artt. 14 e segg. del D.M. n. 202 del 2014, che “comprende l’intero corrispettivo per la prestazione svolta, incluse le attività accessorie alla stessa”: una parte poi di questo compenso va attribuita al gestore e secondo il vigente regolamento dell’OCC, art. 11, co. 6, “I compensi, come sopra determinati e che dovranno essere corrisposti esclusivamente all’Organismo, verranno ripartiti per il 65% a favore del Gestore della crisi e per il 35% a favore dell’Organismo”. Le disposizioni e i criteri dettati dal D.M. n. 202 del 2014 per la determinazione del compenso dell’OCC si applicano in via sostituiva, ossia, come precisa il primo comma dell’alt. 14, “in difetto di accordo con il debitore che lo ha incaricato”;
che nel caso di specie, il preventivo di costi e spese dell’OCC (all.20 rel. particolareggiata) deve ritenersi approvato dal debitore (…) avendo questi richiesto l’omologazione del piano di liquidazione, comprendente anche il predetto preventivo;
che, con riferimento al compenso per l’Advisor, il D.M. n. 55 del 2014 stabilisce che esso disciplina “… i parametri dei compensi all’avvocato quando all’atto dell’incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale degli stessi, comprese le ipotesi di liquidazione nonché di prestazione nell’interesse di terzi o prestazioni officiose previste dalla legge, ferma restando – anche in caso di determinazione contrattuale del compenso – la disciplina del rimborso spese…”.
che, nella specie il compenso è stato convenuto tra le parti con scrittura privata del 203.2019 (all. 20 alla rel. particolareggiata dell’OCC) sicché, in presenza di un accordo, è questo che costituisce la fonte del compenso per l’attività svolta
P.Q.M.
a) rigetta la istanza di modifica;
b) dichiara esecutivo il progetto di riparto redatto dal liquidatore (all. 2 nota depositata il 3.2.2021).
Si comunichi.
Così deciso in Bari, il 3 giugno 2021.
Depositata in Cancelleria il 3 giugno 2021.