Un Caso Emblematico di Responsabilità Medica a Bologna
In un’importante sentenza del Tribunale di Bologna, viene affrontata una complessa vicenda medico-legale che solleva questioni cruciali sulla responsabilità delle strutture sanitarie in caso di complicanze post-operatorie. La sentenza esamina nello specifico un intervento di artroprotesi d’anca con conseguente lesione del nervo sciatico, offrendo interessanti spunti per pazienti e professionisti del settore sanitario.
Contesto Clinico: L’Intervento e le Conseguenze
Profilo Clinico del Paziente
La paziente, sessantacinquenne con una storia di lussazione congenita dell’anca, si sottopone a un intervento di artroprotesi presso una struttura ospedaliera bolognese. L’operazione, inizialmente pianificata con procedure di allungamento tramite fissatore esterno, presenta sin da subito alcune complessità cliniche.
L’Evento Avverso: Lesione del Nervo Sciatico
Nelle ore successive all’intervento, la paziente manifesta una grave compromissione neurologica:
- Paralisi parziale del nervo sciatico sinistro
- Perdita della capacità di movimento del piede
- Alterazione della sensibilità dell’arto
Profilo Giuridico: La Responsabilità della Struttura Sanitaria
La sentenza ribadisce principi consolidati in materia di responsabilità medica:
- Onere della prova a carico della struttura sanitaria
- Necessità di dimostrare l’assenza di negligenza
- Tutela rafforzata per il paziente in caso di danno iatrogeno
Il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) evidenzia aspetti cruciali:
- Lesione riconducibile all’intervento chirurgico
- Percentuale di invalidità permanente stimata al 12-13%
- Invalidità temporanea parziale al 50% per 3 mesi
Risarcimento del Danno: Quantificazione e Criteri
Utilizzando le Tabelle del Tribunale di Milano del 2014, il risarcimento viene calcolato considerando:
- Età del paziente
- Percentuale di invalidità
- Danno biologico
- Personalizzazione del danno morale
Il Tribunale riconosce un risarcimento complessivo di € 45.000,00, comprensivo di:
- Danno biologico
- Personalizzazione del danno
- Interessi legali
FAQ – Interventi di Artroprotesi, Rischi Medici e Tutela Legale a Bologna
D: Quali sono i rischi di un intervento di artroprotesi d’anca?
R: L’intervento può comportare rare ma possibili complicanze neurologiche come lesioni del nervo sciatico, generalmente con una frequenza dell’1-2% dei casi.
D: Come si quantifica il risarcimento per lesione neurologica post-intervento?
R: Il risarcimento viene calcolato considerando l’età, la percentuale di invalidità, il danno biologico e morale, con possibili personalizzazioni nel caso di specie fino al 46%.
D: Entro quanto tempo posso richiedere il risarcimento dopo una complicanza medica?
R: I termini di prescrizione variano, ma generalmente è consigliabile avviare le procedure entro 5 anni dall’evento.
Tribunale Bologna sez. III, 01/03/2016 n.556
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, XX conveniva l’I.O. (d’ora in avanti, per brevità, I.O.), al fine di sentirlo condannare, in ragione del contratto di assistenza sanitaria a suo tempo intervenuto tra le parti, al risarcimento di tutti i danni patiti da essa attrice quali conseguenze dell’inadempimento dei sanitari che la ebbero in cura, che determinò, in esito all’intervento di artroplastica cui fu sottoposta in data 16 gennaio 2004, gravi lesioni a carico della prevenuta.
Nel giudizio così costituito, si è costituito lo I.O., instando per il rigetto della domanda attorea, in quanto infondata in fatto e diritto. In particolare, la convenuta affermava che la lesione del nervo sciatico manifestatasi nelle ore successive all’intervento, e la conseguente paralisi dell’arto, non fossero da imputarsi alla trazione, bensì fosse stata determinata da un concorso di fenomeni emodinamici e compressivi, conseguenti ad uno stravaso di sangue attorno allo sciatico; si tratterebbe di complicanza dell’intervento non prevedibile né evitabile, anche con le cautele più elevate e nonostante la massima diligenza dell’operatore, pertanto non causalmente riferibile all’operato della convenuta; sottolineava, poi, come la XX si fosse autodimessa in data 16 marzo 2004, contro il parere dei sanitari, interrompendo il percorso riabilitativo e di fisioterapia che i sanitari della struttura convenuta le avevano prescritto.
La causa veniva istruita unicamente con ammissione ed espletamento di consulenza medico legale, affidata al dr. SABINO PELOSI.
All’esito, precisate le conclusioni, la stessa veniva trattenuta in decisione con i termini di legge per lo scambio di conclusionali e repliche.
Preliminarmente, occorre dare atto che, in base all’opinamento costantemente seguì to da questo Tribunale, la responsabilità civile della struttura sanitaria, in caso di esito infausto dei trattamenti effettuati dal paziente ricoverato nella predetta, pur dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 della L. n. 189 del 2012, si ascrive nell’ambito della responsabilità contrattuale (Cass. 22 settembre 2015, n. 18610; Cass. 17 aprile 2014, n. 8940), talché il danneggiato ha semplicemente l’onere di prospettare l’evento dannoso, ed allegare la sua derivazione dall’inadempimento del debitore, rappresentazione che, nel caso di specie, nonostante le doglianze di parte convenuta, è stata certamente effettuata da parte attrice, laddove si è ricondotta la lesione del nervo sciatico diagnosticata nel periodo successivo all’intervento effettuato presso la struttura convenuta ad una errata manovra compiuta durante l’atto operatorio.
Occorre non di meno tener presente che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, dalla quale questo Tribunale non ha motivo di discostarsi, l’onere di dimostrazione del paziente danneggiato, nel caso di esito infausto dell’intervento, non si spinge fino a richiedersi la compiuta dimostrazione della specifica colpa ascrivibile al sanitario, laddove sia comunque certo che il peggioramento dello stato di salute è conseguito all’intervento di questi.
Questo concetto è ben espresso, per esempio, dalla sentenza 9 ottobre 2012, n. 17143, secondo la quale:
laddove la causa del danno rimanga alfine ignota, le conseguenze non possono certamente ridondare a scapito del danneggiato (nel caso, del paziente), ma gravano sul presunto responsabile che la prova liberatoria non riesca a fornire (nel caso, il medesimo e/o la struttura sanitaria), il significato di tale presunzione cogliendosi – come sopra esposto – nel principio di generale favor per il danneggiato, nonché della rilevanza che assume al riguardo il principio della colpa obiettiva, quale violazione della misura dello sforzo in relazione alle circostanze del caso concreto adeguato ad evitare che la prestazione dovuta arrechi danno (anche) a terzi, senza peraltro indulgere a soluzioni radicali, essendo attribuita la possibilità di liberarsi dalla responsabilità (cfr., in diverso ambito, Cass.,20/2/2006, n. 3651). Nè può d’altro canto trascurarsi che, in caso di concretizzazione del rischio che la regola violata tende a prevenire, in base al principio del nesso di causalità specifica non può prescindersi dalla considerazione del comportamento dovuto e della condotta nel singolo caso in concreto mantenuta, e il nesso di causalità che i danni conseguenti a quest’ultima astringe rimane invero presuntivamente provato (cfr. Cass., Sez. Un.,11/1/2008, n. 584; Cass., Sez. Un.,11/1/2008, n. 582. E, da ultimo, Cass.,27/4/2011, n. 9404; Cass.,29/8/2011, n. 17685).
Pertanto, non vi è alcuna contraddizione in quanto riferito dal C.T.U. dott. SABINO PELOSI nel corpo dell’elaborato peritale che si è depositato, che si trascrive integralmente nella parte motiva per comodità del lettore:
“Al termine degli accertamenti condotti sulla Sig.ra XX, esaminata la documentazione medica in atti, preso atto delle osservazioni formulate dai Sigg.ri Co. di parte, si forniscono le seguenti considerazioni medico-legali alla luce dei quesiti posti dall’Ill.mo Sig. Giudice.
La Sig. XX, di anni 65, in data 16.1.04 veniva ricoverata presso l’I.O., per essere sottoposta ad intervento chirurgico di artroprotesi anca sn.; si trattava di una paziente, affetta da lussazione congenita dell’anca bilaterale già sottoposta ad intervento con trazione di F. a sn., che da qualche anno lamentava dolore ingravescente ad entrambe le anche.
Il 19.1.04 gli specialisti procedevano all’applicazione di fissatore esterno all’anca sn. (cfr. cartella clinica ‘…’mediante incisione laterale, isolamento della testa femorale resecata a livello basicervicale, applicazione di fissatore esterno alle ali iliache e al femore sn, si eseguiva una distrazione iniziale, sutura per strati e mediazione…’) ed all’allungamento sino al 4.2.04 quando la paziente, in anestesia generale, veniva sottoposta all’intervento programmato di artroprotesi d’anca sx (cfr. ‘…dopo rimozione del fissatore esterno, incisione sulla pregressa cicatrice, si giungeva al paleo acetabolo che appariva inesistente, ove si applicava coppa non cementata da 44 mm con inserto in ceramica Delta; stabilizzata da viti. Si applica poi stelo non cementato Modulus con testina in ceramica da 32 mm. Si riduce rimpianto senza praticamente produrre alcun allungamento rispetto a quanto precedentemente ottenuto. Sutura per strati, medicazione, rx di controllo intra-operatoria…’). Presente in cartella clinica modulo di consenso informato debitamente sottoscritto dalla paziente.
AI risveglio la paziente non lamentava alcun disturbo (cfr. ‘…regolare decorso postoperatorio…’)mentre nel pomeriggio di quello stesso giorno veniva riportato ‘…lamenta incapacità di movimento in estensione del piede sx con sensibilità totale/dolorifica alterata…’; lo specialista n€ logo rilevava ‘…paralisi completa della dorsi-flessione del piede di sn con ipo-anestesia della pianta e dorso del piede. Conclusioni: paralisi del nervo sciatico sn…’. Diagnosi sostanzialmente confermata, in lieve miglioramento, anche in occasione di un successivo controllo specialistico dell’11.2.04 ‘…paralisi della flessione dorsale del piede sn, marcata ipostenia,2/5 di quella plantare. Migliorata la sensibilità tattile di dorso e pianta del piede. N€ patia di sciatico sn. con paralisi completa della componente dello SPE e parziale di quella dello SPI…’.Seguivano, quindi, medicazioni e fisioterapia giornaliere ed il 17.2.04 veniva annotato ‘…la paziente deambula con l’ausilio di girello; la deambulazione avviene con passo abbastanza spedito (studio elettromiografico in consulenza n€ logica)…’. Lo specialista a sua volta riportava ‘…il 4/02 intervento di protesi anca sn, dopo alcune ore ha iniziato a lamentare disturbi sensitivi, tipo parestesie, e progressiva perdita di forza alla deambulazione dell’arto inferiore sn. Nel controllo odierno si evidenzia la presenza di una lesione del nervo sciatico di sn, con prevalente coinvolgimento dei movimenti di dorsi-flessione dei muscoli peronei di sn. Si consiglia TC muscoli-coscia sn con elettromiografia, e possibile valutazione della sede di lesione e grado di lesione. Utile ciclo di terapia con Deltacortene ep 25 mg…Successiva terapia fisica…’.
Uno studio EMG del 17.2.04 rilevava la compatibilità ‘…con una lesione del plesso sacrale di sinistra di grado grave; si segnala la presenza di unità motorie attivabili allo sforzo volontario massimale dei muscoli peroneo lungo, grande gluteo e grande adduttore di sinistra…’.
La TC bacino praticata, quello stesso giorno, non riportava nulla di rilevante se non il corretto posizionamento della protesi con grave coxartrosi a dx; in quella successiva di controllo (24.2.04) veniva, tuttavia, segnalata ‘…la presenza di un modesto ematoma in corrispondenza del profilo latero-posteriore del corpo dell’ischio, che peraltro appare di dimensioni ridotte rispetto all’indagine TC precedente…’.
Il 23.2.04 si apprende che ‘…la pz deambula con l’ausilio di antibrachiali…’; il 5.3.04 il n€ logo confermava ‘…un miglioramento della forza dei muscoli flessori della coscia di sn e abduttori di sn…invariato il deficit tra forza e muscoli distali della gamba sn, piede ciondolante. Continui terapia fisica riabilitativa…’.
Il 6.3.04 la paziente veniva pertanto trasferita presso il Reparto di Fisioterapia ed il 16.3.04 si auto-dimetteva ‘…Ingresso in reparto di FKT…portatrice di protesi anca sn in DCA eseguito il 4.2. Paralisi dissociata di nervo sciatico sn. Anca sn mobile da 0 a 90. Ginocchio sn mobile da 0 a 120. Mobile la TT sn attivamente solo in eversione, indossa molla di Codivilla. Si conferma terapia medica e FKT. Si richiede esame n€ elettrico arti inferiori. Associa ET esponenziale in territorio dello sciatico popliteo interno a dx. Effettua esame n€ elettrico. Esame n€ elettrico del 10/03/04: esegue curve I/T che evidenziano lesione dissociata del nervo sciatico a sn. Sensibilità faradocutanea come da schema con ipo-anestesia in L4-L5-S1. Prosegue le cure. Il 15.3: la paziente ha raggiunto una discreta autonomia nella gestione della propria persona. Attualmente deambula con l’utilizzo di 2 antibrachiali e molla di Codivilla a sn, senza carico sull’arto operato. Decide di autodimettersi contrariamente al parere dei sanitari. Il 16.3 viene dimessa, tornare a controllo tra 45 gg…’.
Relativamente ai fatti oggetto di indagine veniva richiesta relazione medica al Prof. R.B. (9.3.04) dalla quale si apprende di rilevante ‘…abbiamo applicato il fissatore in data 19.1.04 iniziando la progressiva distrazione in modo da portare l’epifisi femorale a livello del paleo-cotile. Giornalmente l’abbassamento è stato di qualche millimetro ed in tutta la procedura non si è mai verificato alcun inconveniente o complicazione. Finalmente in data 4.2 abbiamo provveduto a rimuovere il fissatore esterno e ad applicare una protesi totale d’anca nel paleo-cotile. Al termine della distrazione, prima dell’intervento, la paziente era assolutamente normale dal punto di vista n€ logico…nel corso dell’intervento non si sono presentate particolari difficoltà tecniche e il montaggio dell’impianto ha portato ad un modesto ulteriore allungamento dell’arto (di circa 9-10 mm). Al termine dell’intervento alle ore 10.30 alla paziente…veniva richiesto di muovere le dita del piede e la gamba dal lato operato, cosa che eseguiva normalmente…nel pomeriggio ha iniziato ad accusare la progressiva perdita di sensibilità e della forza muscolare in territorio di nervo sciatico a sx. Una prima consulenza n€ logica…ha confermato la lesione dello sciatico, per cui la pz ha immediatamente iniziato un intenso programma di fisioterapia…sono poi stati chiamati come consulenti n€ logi il Prof. B., Direttore…ed il Dott. L… la loro ipotesi patogenetica, pur nella difficoltà di fare una diagnosi precisa a causa dell’estrema inusualità della presentazione della lesione, è stata che si sia trattato nontanto di una trazione (che avrebbe dovuto manifestarsi immediatamente al risveglio) quanto di un concorso fra fenomeni emodinamici e compressivi conseguenti ad uno stravaso di sangue attorno allo sciatico. Abbiamo perciò eseguito una TC del bacino che effettivamente ha messo in evidenza una raccolta ematica peri-nervosa anche se non di entità rilevante…’.
Successivamente (cfr. EMG del giugno 2004) venivano rilevati ‘…segni di denervazione parziale del muscolo tibiale anteriore sn e peroneo laterale sn, gastrocnemio sn, alterato reclutamento di unità motorie in tali muscoli, con alterazione morfologica tipo danno n€ logico delle stesse. Nei limiti la valutazione del muscolo quadricipite e gluteo sn. Si rilevano peraltro segni di re-innervazione…’.
Il 20.2.09 il n€ chirurgo consigliava terapia anatalgica per il dolore n€ patico posizionale da nervo sciatico. Una RM lombare del 29.10.2011 rilevava plurime protrusioni discali posteriori da L1-L2 e L3-L4 con lieve compressione sul sacco durale mentre una RM di bacino e anche documentava a dx una lussazione inveterata con testa femorale ovalizzata e rima articolare ridotta, a sn gli esiti del pregresso intervento di artroprotesi.L’ultima indagine emg dell’arto inferiore sn (6.12.2011) riporta di ‘…una sofferenza del nervo sciatico che si è espressa nei suoi 2 rami terminali, il peroneo con sofferenza acuta della muscolatura dipendente e il tibiale con sofferenza cronica senza segni di compenso…’..
Tutto ciò premesso e passando ad una valutazione più propriamente medicolegale del caso si ricorda che la donna affetta da lussazione congenita d’anca bilaterale, già trattata con trazione di F. a sx, il 4.2.04 veniva sottoposta ad intervento chirurgico di artroprotesi d’anca presso gli I.O.. Come conseguenza di detto intervento si manifestò una sofferenza acuta a carico del nervo sciatico sx che risulta essere già segnalata nel pomeriggio di quello stesso giorno.
La lesione del nervo sciatico è una complicanza descritta, anche se non frequente (1-2% circa dei casi, ma con maggior frequenza nelle displasie d’anca), in esito ad interventi chirurgici di artroprotesi anca dovuta a cause non ancora completamente conosciute. Nella maggior parte dei casi, a causa delle diversità anatomiche, viene coinvolto con maggior frequenza il nervo sciatico popliteo esterno rispetto allo sciatico popliteo interno.
Tra le cause conosciute di paralisi conseguenti ad interventi chirurgici di artroprotesi d’anca le più frequenti si ritiene siano quelle intra-operatorie che chiamano in causa l’eccessiva trazione o compressione del nervo durante l’intervento chirurgico, la lacerazione dello stesso, l’insorgenza di un ematoma extra o intraneurale ecc. Le lesioni del nervo sciatico post-operatorie possono invece essere dovute ad ematomi, allungamenti dell’arto necessario in alcuni casi nella ricostruzione articolare, oppure da aderenze post-chirurgiche.
Una percentuale tutt’altro che trascurabile delle lesioni del nervo sciatico rimane a tutt’oggi sconosciuta. S. e R. nel corso dei congressi della Società I.O. sia del 1996 che del 1998 riferiscono come una percentuale variabile dal 30 al 70% delle lesioni nervose in protesi dell’anca possono avere cause sconosciute per cui non essendo consentita alcuna modalità di prevenzione, anche la complicanza non può essere considerata evitabile (cfr. V.S. P.R., Le complicanze n€ vascolari in corso di artroprotesi totale d’anca, GIOT supll. Vol XXIV, fasc. 3 Ottobre 1998; P.R. V.S., Le complicanze n€ vascolari, GIOT 1supp. Vol. XXII fasc. 2 giugno 1996). Schmalziried et coll. sostengono, inoltre, che non è possibile con certezza per il chirurgo individuare i pazienti ad alto rischio n€ logico e di conseguenza risulta difficile adottare linee guida per evitare tale complicanza al di là della consueta e doverosa attenzione alla procedura chirurgica (cfr. P.Schmalziried Nerve palsy associated with total hip replacement. JBJS vol 73-A no. 7 August 1991).
Simon ed altri autori ritengono che le sofferenze n€ gene periferiche in una certa percentuale dei casi non possano essere, per lo più, evitate (cfr. J.P.Simon et al. Sciatic Nerve Palsy following hip surgery. Acta Ortopedica Belgica. Vol 59-2-1993).
Nel caso di specie, in merito alla patogenesi della lesione a carico del nervo sciatico sx, è possibile ritenere che si è trattato di una lesione acuta verificatasi nel corso dell’intervento verosimilmente in conseguenza delle manovre chirurgiche per la riduzione della protesi dopo il suo inserimento o, in alternativa, per la compressione del nervo stesso da parte di un divaricatore così come non si può escludere l’ipotesi formulata dai curanti di una compressione dello sciatico da raccolta ematica perinervosa.
La lesione dello sciatico rappresenta una complicanza descritta in letteratura, che si manifesta con una frequenza relativamente bassa nei casi di protesi al primo impianto in soggetti con displasia (superiore al 2% secondo i dati ripresi dalla letteratura, in casi analoghi a quello in esame), in merito alla quale non è possibile sulla base della documentazione in atti né rilevare né escludere con certezza che vi siano state manovre chirurgiche incongrue nell’espletamento dell’intervento.
Preme sottolineare, al riguardo, che entrambi i CC.TT. delle parti hanno inviato al sottoscritto osservazioni che, pur produttive per la disamina analitica e la successiva discussione del caso, certamente non lo risolvono ovvero non sono in grado di identificare con precisione la patogenesi della lesione del nervo sciatico della Sig.ra XX. Il Dott. D.M., nell’interesse di parte attrice, sostanzialmente propone il concetto che più ci si avvicina ai giorni nostri e più la Letteratura di merito allega il danno del nervo sciatico negli interventi di artroprotesi d’anca a condotte sanitarie non adeguate. Il Dott. M., per i convenuti, riporta a sua volta – sostenuto dalla Letteratura che allega – che le lesioni dello sciatico non sono, al contrario, necessariamente legate a condotte non adeguate e si verificano nonostante la massima attenzione posta dal chirurgo e l’approntamento di tutte le cautele del caso.
È evidente, in ogni caso, che quanto riportato dai Sigg.ri CC.TT. delle parti non fa che confortare quanto più sopra riportato in merito alla impossibilità di rilevare, ovvero escludere, nel caso di specie manovre chirurgiche incongrue nell’espletamento dell’intervento.
È possibile, tuttavia, riferire che il trattamento praticato di artroprotesi d’anca sx, certamente indicato alla luce della patologia degenerativa artrosica presentata dalla donna, ha avuto buon esito per quanto riguarda l’inserimento dell’artroprotesi che risulta tuttora ben allogata e con funzionalità articolare ben conservata.Nel caso di specie, peraltro, deve essere sottolineato che non si è trattato di un intervento di protesizzazione ordinario, ma di un intervento a maggior difficoltà tecnica trattandosi di una paziente affetta già da tempo da lussazione d’anca, sottoposta all’età di sei anni ad intervento di F. a sn. che, preliminarmente all’intervento di cui si tratta (a far tempo dal 19.1.04), era stata sottoposta ad ulteriore allungamento tramite applicazione di fissatore esterno.
In sintesi, ritiene il sottoscritto che non vi sia alcun dubbio sul fatto che ci si trovi di fronte ad una lesione iatrogena determinatasi nel corso dell’intervento e, quindi, in rapporto causale con le manovre chirurgiche esperite. Tuttavia, nonostante la maggior difficoltà tecnica dell’intervento va osservato come nella descrizione dell’atto operatorio non vengono segnalati problemi o difficoltà nel corso della normale procedura che possano motivare l’esecuzione di manovre chirurgiche particolari, idonee a spiegare il verificarsi di una lesione nervosa quale quella manifestata dalla paziente.
Se da un lato, quindi, non è possibile definire neppure con il ‘criterio del più probabile che non’ la sussistenza di manovre chirurgiche incongrue responsabili dell’insorgenza della complicanza nervosa, dall’altro si deve comunque sottolineare che il danno iatrogeno a carico del nervo sciatico sx, ben documentato, ha comportato conseguenze a carattere temporaneo e permanente di danno per la paziente che esulano dai normali esiti dell’intervento di protesi d’anca.
Sotto questo profilo, tenendo presente natura e decorso della lesione iatrogena a carico del nervo sciatico sx manifestata dalla Sig.ra XX, nonché il normale decorso degli interventi di artroprotesi d’anca, sembra equo riconoscere in relazione al prolungamento del periodo di malattia e convalescenza subito successivo all’intervento di artroprotesi un periodo di invalidità biologica temporanea parziale al 50% di 3 mesi.
Il quadro clinico attuale, ormai stabilizzato, è rappresentato da una sofferenza a carico del nervo sciatico di sinistra con attendibile disturbo della sensibilità e ripercussioni sulla funzione deambulatoria della donna. Non si tratta evidentemente di una paralisi completa ma di un deficit parziale, verosimilmente in parte regredito anche grazie alle terapie in seguito praticate dalla donna che configura ad avviso del sottoscritto un danno biologico permanente valutabile nella misura del 12-13% (dodici-tredici per cento) in assenza di ripercussioni sulla capacità lavorativa specifica. Non risultano in atti spese documentate”.
In sintesi, sebbene le emergenze cliniche esaminate dal C.T.U. non depongano senz’altro nel senso di una errata manovra operatoria, che pure può continuare ad annoverarsi tra le probabili cause della lesione residuata (sebbene parte convenuta ne contesti l’improbabilità, adducendo che, in tal caso, la paralisi si sarebbe manifesta immediatamente dopo l’atto operatorio), e non si possa escludere che la lesione sia diversamente derivata quale conseguenza di evoluzioni ancora non sufficientemente chiarite, dal punto di vista scientifico, dell’intervento di cui si tratta, indipendenti, vale a dire, dalla conduzione dell’atto operatorio in sé, sta di fatto che vi è innegabilità della derivazione della menomazione dall’atto operatorio, e la non individuazione di una causa specifica non può nel caso di specie, alla luce della giurisprudenza che s’intende recepire, ridondare a carico del paziente che ne è risultato menomato.
Quanto, poi, all’osservazione, compiuta dalla convenuta struttura, secondo la quale detta evoluzione infausta dell’intervento avrebbe rappresentato una complicanza rilevabile nella statistica sanitaria, vi è da osservare, analogamente, che la Suprema Corte, con recente pronuncia alla quale si ritiene parimenti di aderire, ha precisato che in campo giuridico, non rileva la nozione di “complicanza”, che descrive, secondo la medicina clinica e legale, un evento dannoso, insorto nel corso dell’iter terapeutico, che pur essendo astrattamente prevedibile, non sarebbe evitabile (Cass. 30 giugno 2015, n. 13328). Tale evento, dal punto di vista giuridico, laddove fosse anche soltanto astrattamente prevedibile, e non necessariamente quale conseguenza usuale, rientra comunque nelle conseguenze ascrivibili a colpa del medico.
In ogni caso, valga osservare che secondo le ammissioni provenienti dal medesimo convenuto, l’eventualità che tale complicazione potesse insorgere dall’intervento non fu prospettata alla XX, proprio perché, secondo parte convenuta, complicanza “non prevedibile”.
Invero, trattasi di argomentazione non condivisibile atteso che, al contrario, da quanto emerge dalla consulenza tecnica espletata, la lesione del nervo sciatico è tra le conseguenze, sebbene non particolarmente frequenti (1,2% dei casi) dell’intervento cui l’attrice si è sottoposta, dovuta a cause non ancora completamente conosciute.
Pertanto, ben può affermarsi che la conseguenza indesiderabile di cui si discute rientrava nei rischi, cononosciuti, dell’intervento di cui trattasi, e pertanto, non può configurarsi come evento imprevedibile.
Tale considerazione, infine, non risulta scalfita dall’affermazione, effettuata da parte convenuta, ma non condivisibile, secondo la quale l’intervento cui fu sottoposta XX presentasse profili di elevata e speciale difficoltà, trattandosi di paziente già operata all’anca, con conseguente applicabilità della limitazione di cui all’art. 2236 c.c.: tale affermazione risulta infatti palesemente smentita sia dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata cui si rinvia, sia dalla descrizione dell’atto operatorio compiuta dalla stessa convenuta, dalla quale non emergono speciali attenzioni, cautele o rischi connessi all’effettuazione dell’operazione in questione, in dipendenza delle condizioni della XX. Si rammenta infatti quanto affermato dalla Cassazione a proposito della nozione di “speciale difficoltà dell’intervento”, che certo è tanto meno facilmente integrabile quanto più l’intervento sia effettuato presso struttura specializzata e non presenti caratteristiche obiettive che, oltretutto, è onere della parte debitrice dedurre analiticamente e rigorosamente, cosa che, nel caso di specie, non è stata fatta (“la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, richiede notevole abilità, e la soluzione di problemi tecnici nuovi o di speciale complessità, con largo margine di rischio in presenza di ipotesi non ancora adeguatamente studiate o sperimentate, ovvero oggetto di sistemi diagnostici, terapeutici e di tecnica chirurgica diversi ed incompatibili tra loro (v. Cass.,28/5/2004, n. 10297; Cass.,10/5/2000, n. 5945; Cass.,19/5/1999, n. 4852; Cass.,16/11/1988, n. 6220; Cass.,18/6/1975, n. 2439). Non anche in ragione dell’incertezza circa l’esito della tecnica applicata o dell’alta percentuale di risultati insoddisfacenti, atteso che la difficoltà di prova non coincide con l’aleatorietà, ben potendo una prestazione tecnicamente di facile esecuzione presentare una non sicura efficacia terapeutica ovvero un difficile intervento condurre, in caso di esito positivo, a certa guarigione: v. Cass.,21/6/2004, n. 11488). Tale soluzione si palesa infatti ingiustificatamente gravatoria per il paziente, in contrasto invero con il principio di generale favor per il creditore-danneggiato cui l’ordinamento è informato (cfr. Cass.,20/2/2006, n. 3651). In tali circostanze è infatti indubitabilmente il medico specialista a conoscere le regole dell’arte e la situazione specifica – anche in considerazione delle condizioni del paziente – del caso concreto, avendo pertanto la possibilità di assolvere all’onere di provare l’osservanza delle prime e di motivare in ordine alle scelte operate in ipotesi in cui maggiore è la discrezionalità rispetto a procedure standardizzate. È allora da superarsi, sotto il profilo della ripartizione degli oneri probatori, ogni distinzione tra interventi “facili” e “difficili”, in quanto l’allocazione del rischio non può essere rimessa alla maggiore o minore difficoltà della prestazione, l’art. 2236 c.c., dovendo essere inteso come contemplante una regola di mera valutazione della condotta diligente del debitore (v. Cass.,13/4/2007, n. 8826; Cass.,28/5/2004, n. 10297; Cass.,21/6/2004, n. 11488). Va quindi conseguentemente affermato che in ogni caso di “insuccesso” incombe al medico dare la prova della particolare difficoltà della prestazione (v. Cass., Sez. Un.,11/1/2008, n. 577; Cass.,13/4/2007, n. 8826; Cass.,28/5/2004, n. 10297; Cass.,21/6/2004, n. 11488). Le obbligazioni professionali sono dunque caratterizzate dalla prestazione di attività particolarmente qualificata da parte di soggetto dotato di specifica abilità tecnica, in cui il paziente fa affidamento nel decidere di sottoporsi all’intervento chirurgico, al fine del raggiungimento del risultato perseguito o sperato. Affidamento tanto più accentuato, in vista dell’esito positivo nel caso concreto conseguibile, quanto maggiore è la specializzazione del professionista, e la preparazione organizzativa e tecnica della struttura sanitaria presso la quale l’attività medica viene dal primo espletata”.).
Tanto premesso, può essere accolta la domanda attorea, in punto a risarcimento del danno non patrimoniale, cui va sommata una adeguata “personalizzazione”, data la comprensibile sofferenza patita dalla XX, sia in termini di danno morale ex artt. 185 c.p.c. e 2059 c.c., sia in termini di peggioramento, in generale, delle condizioni di vita residua in dipendenza dell’evidente invalidità, dato che non abbisogna di particolare dimostrazione, anche in ragione delle gravi limitazioni funzionali residuate, che hanno comportato il riconoscimento di una invalidità civile pari al 100% (doc. n. 16).
Il danno viene dunque riconosciuto nei termini seguenti:
Tabella di riferimento: Tribunale di Milano 2014
Età del danneggiato alla data del sinistro
65 anni
Percentuale di invalidità permanente
13%
Punto base danno non patrimoniale
€ 3.215,04
Punto base I.T.T.
€ 120,00
Giorni di invalidità temporanea totale
0
Giorni di invalidità temporanea parziale al 75%
0
Giorni di invalidità temporanea parziale al 50%
90
Giorni di invalidità temporanea parziale al 25%
0
Danno risarcibile
€ 28.421,00
Aumento personalizzato (max 46%)
€ 41.495,00
Invalidità temporanea totale
€ 0,00
Invalidità temporanea parziale al 75%
€ 0,00
Invalidità temporanea parziale al 50%
€ 5.400,00
Invalidità temporanea parziale al 25%
€ 0,00
Danno biologico temporaneo
€ 5.400,00
Spese mediche
€ 0,00
Altre spese
€ 0,00
TOTALE:
€ 33.821,00
Totale con personalizzazione adeguata
€ 45.000,00.
Sulla somma come sopra stimata, trattandosi di debito di valore alla data odierna, devono esser riconosciuti, in conformità alle determinazioni di Cass. SS. UU. n. 1712/1995, interessi legali in funzione compensativa da una data intermedia tra quella dell’illecito (4 febbraio 2004) ed il saldo, che equitativamente si fissa nel 1 febbraio 2010, e fino al saldo.
Le spese, ivi comprese quelle di C.T.U. e di CTP, nonché quelle di consulenza medica e mediazione, seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, tenendo conto del valore effettivo della causa e dell’attività difensiva svolta, secondo i parametri del D.M. n. 55 del 2014.
PQM
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:– Dichiara tenuto e condanna l’I.O. al pagamento, in favore di XX, per le causali di cui in motivazione, della somma di € 45.000,00, oltre interessi legali dal 1 febbraio 2010 e fino al saldo;
– Condanna altresì la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in € 489,82 per anticipazioni, € 4.000 per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali, oltre al rimborso delle spese per consulenza medica (fattura doc. n. 14 dr. DIONIGI PELUSO) e di mediazione affrontate ante causam (doc. n. 15)..
Così deciso in Bologna, il 25 febbraio 2016.
Depositata in Cancelleria il 1 marzo 2016.