Il diritto all’accesso agli atti deve essere tutelato

Sommario

Il Giudice riconosce il diritto di accesso agli atti

Il TAR (n. 1830/2012) conferma il diritto del contribuente di aver copia della “relata” di notifica di cartelle esattoriali per il quale gli viene stato intimato il pagamento e che egli assume di non aver mai ricevuto.

La vicenda trae origine dall’richiesta del ricorrente di accesso agli atti per richiedere la copia delle relate di notifica delle cartelle, presupposto dei relativi avvisi di intimazione ricevuti dallo stesso.

Il ricorrente, difatti, lamentano di non aver mai ricevuto alcuna notifica delle cartelle suddette.

Il Giudice ritiene che non vi siano ragioni, nel caso di specie, per escludere l’accesso ai documenti richiesti.

Accesso agli atti: il dettato normativo

Infatti, è da tenere presente che l’art. 22 della L. n. 241 del 1990, ai commi 2 e 3, precisa che “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale…“, e che “tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6“.

In precedenza, e cioè prima delle recenti modifiche normative, l’art. 24 prevedeva in effetti, al comma 4, l’obbligo per le singole amministrazioni “di individuare, con uno o più regolamenti…, le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso per le esigenze di cui al comma 2“, tra le quali era compresa, alla lett. d), quella di salvaguardare “la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese, garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici“.

Ma il nuovo art. 24, come sostituito dall’art. 16 L. 11 febbraio 2005, n. 15, al comma 1 esclude il diritto di accesso (solo):

a) per i documenti coperti da segreto di Stato, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2;

b) nei procedimenti tributari;

c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione;

d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.

Per il comma 2, “le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1“, e quindi solo per quei documenti che rientrino nelle categorie espressamente previste dal legislatore, fermo restando, come chiarito dal comma 3, che “non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni“.

Oltretutto, il comma 5 precisa che gli stessi “documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell’àmbito e nei limiti di tale connessione“.

Infine, il comma 6 disciplina i casi in cui il Governo può, con proprio regolamento, prevedere casi di sottrazione all’accesso di documenti amministrativi, e anche per tutelare la vita privata o la riservatezza di persone fisiche e giuridiche.

In definitiva, con specifico riferimento ai rapporti tra accesso e riservatezza, la nuova disciplina contenuta nell’art. 24 della L. n. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 16 della L. n. 15 del 2005, appresta al primo una tutela più ampia che in passato, sotto due distinti profili.

Innanzitutto, l’individuazione dei casi in cui l’accesso può essere escluso per ragioni, tra l’altro, di riservatezza, può aver luogo solo con il regolamento governativo (comma 6, lett. d), mentre alle singole amministrazioni viene sottratta ogni potestà d’intervento in materia. Tale conclusione si trae inequivocabilmente dalla scomparsa, nel nuovo testo normativo, della disposizione in precedenza contenuta nel comma 4 (obbligo per le singole amministrazioni “di individuare con uno o più regolamenti da emanarsi entro i sei mesi successivi le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso per le esigenze di cui al comma 2“), mentre la nuova similare disposizione ora introdotta nel comma 2 (“Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1“) è tuttavia riferita alle sole ipotesi di cui al primo comma, tra le quali non rientra la tutela della riservatezza (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 25 febbraio 2006 n. 1127).

In secondo luogo, mentre nell’originaria versione dell’art. 24, secondo quanto prevedeva il comma 2, lettera d), l’accesso a documenti riservati era limitato alla sola “visione” degli atti amministrativi necessari alla cura dei propri interessi, nell’attuale versione dell’art. 24, come sostituito dall’art. 16 della L. n. 15 del 2005, tale previsione è stata sostituita dal nuovo comma 7, ai sensi del quale “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici“.

In sostanza, la tutela dell’istante, prima limitata alla visione degli atti, viene quindi estesa all’onnicomprensivo C. di “accesso” che – secondo la definizione contenuta nell’art. 22, comma 1, lettera a) della L. n. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 15 della L. n. 15 del 2005 – include sia la visione degli atti che l’estrazione di copia.

E a dimostrazione del fatto che non vi è una sfera considerata di assoluta riservatezza lo stesso comma 7 aggiunge che l’accesso, sebbene solo “nei limiti in cui sia strettamente indispensabile“, è consentito anche “nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari“, e finanche “in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”, in quest’ultimo caso “nei termini previsti dall’articolo 60 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196“, ai sensi del quale “quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile“.

Senza contare poi che l’art. 59 del medesimo D.Lgs. n. 196 del 2003, relativo proprio all'”accesso a documenti amministrativi”, dispone che “fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso. Le attività finalizzate all’applicazione di tale disciplina si considerano di rilevante interesse pubblico” (per considerazioni identiche a quelle finora espresse, cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 04.07.2007 n. 558, che ha confermato la sentenza di questa Sezione n. 1194 del 20.07.2006).

Oltretutto, parte ricorrente ha dimostrato di essere titolare di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti ai quali è chiesto l’accesso.

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