Diffamazione: L’aggravante del fatto determinato

Sommario

Le aggravanti della diffamazione: Art. 595 c.p., 2° comma

Il reato di diffamazione è disciplinato dall’art. 595 del Codice Penale, il quale prevede che si commette diffamazione quando qualcuno, comunicando con più persone, offende l’onore o la reputazione di un’altra persona non presente.

Tuttavia, il secondo comma dell’art. 595 c.p. introduce un’importante aggravante che riguarda l’attribuzione di un “fatto determinato”, un elemento che rende l’offesa particolarmente grave e, di conseguenza, soggetta a una pena più severa.

In particolare, questa aggravante si distingue dalle altre per la sua capacità di rendere l’atto diffamatorio più credibile agli occhi di terzi, poiché attribuire un fatto specifico e dettagliato spesso rende l’accusa più plausibile e tangibile.

Cosa si intende per fatto determinato?

Il concetto di fatto determinato fa riferimento a un evento o una situazione che può essere concretamente identificata e verificata.

Un fatto è considerato determinato quando è specifico e riconoscibile, e non generico o vago.

Ad esempio, se qualcuno accusa una persona di aver commesso un reato preciso o di essere coinvolto in un episodio concreto, questa attribuzione rientra nell’aggravante del fatto determinato.

Non è sufficiente affermare che qualcuno è disonesto o poco affidabile, poiché tali affermazioni rimangono nel campo della genericità.

Per configurarsi l’aggravante, invece, è necessario che l’accusa sia dettagliata e circostanziata.

Tuttavia, la legge non richiede necessariamente la precisazione del tempo e del luogo in cui il fatto si è verificato.

Anche senza tali elementi, un fatto può essere chiaramente identificabile, come nel caso di eventi noti e di dominio pubblico.

Ad esempio, si pensi ai fatti di cronaca che, pur non avendo una datazione specifica, rimangono identificabili perché riconosciuti e ricordati dalla collettività.

Ulteriori interpretazioni giuridiche sul fatto determinato

In giurisprudenza, la nozione di fatto determinato è stata più volte esaminata per chiarirne i confini.

La Giurisprudenza ha stabilito che, perché si configuri tale aggravante, è necessario che l’evento descritto sia riconoscibile e verificabile, ma non è richiesta una prova immediata dell’accusa.

È sufficiente che l’offesa descriva in modo preciso e circostanziato un episodio tale da suggerire la veridicità agli occhi di chi ascolta o legge.

Questo aggravante assume particolare rilevanza nei processi per diffamazione, poiché spesso determina un significativo aumento della pena inflitta.

Perché questa aggravante aumenta la pena?

La ratio alla base di questa aggravante è piuttosto chiara: un’accusa di diffamazione che include un fatto concreto ha un potenziale lesivo molto più elevato rispetto a un’affermazione generica.

Quando un fatto è dettagliato, l’accusa appare più credibile, rafforzando il danno alla reputazione della persona offesa.

La giurisprudenza italiana ha chiarito che l’attribuzione di un fatto specifico rende l’accusa non solo più lesiva, ma anche più pericolosa per l’ordine sociale.

Questo perché, se l’accusa è dettagliata, i terzi potrebbero facilmente crederla vera, provocando un danno più profondo alla reputazione e all’immagine sociale del diffamato.

La credibilità di un’affermazione diventa dunque un elemento centrale nella valutazione dell’entità dell’offesa.

È proprio per questa ragione che il Codice Penale prevede un raddoppio delle pene in presenza di tale aggravante.

Infatti, le sanzioni per la diffamazione in generale variano tra una multa e una pena detentiva, ma nel caso del fatto determinato, la pena può essere raddoppiata, con conseguente estensione della durata della reclusione o dell’importo della multa.

Aggravante ex art. 13 L. 47/1948: diffamazione a mezzo stampa

Un altro aspetto fondamentale da considerare riguarda la diffamazione tramite mezzi di comunicazione di massa, in particolare la stampa periodica.

La Legge n. 47 del 1948, all’art. 13, ha introdotto una specifica aggravante per i casi di diffamazione commessi attraverso mezzi di stampa, soprattutto quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.

Secondo questa norma, le sanzioni sono ancora più severe rispetto alla diffamazione tradizionale: chi si macchia di diffamazione tramite la stampa rischia una reclusione da uno a sei anni e una multa non inferiore a 258 euro.

La gravità di questa sanzione riflette l’enorme potenziale di diffusione e impatto che i mezzi di comunicazione di massa hanno sulla reputazione di un individuo.

Perché la diffamazione a mezzo stampa è più grave?

L’aggravante per la diffamazione a mezzo stampa si spiega con la capacità della stampa di raggiungere un vasto pubblico in tempi molto rapidi.

A differenza di una diffamazione verbale o interpersonale, che può essere limitata a un numero ristretto di persone, l’utilizzo dei media, specialmente della stampa, permette di amplificare enormemente la portata dell’offesa.

Inoltre, la pubblicazione di un fatto determinato su una testata giornalistica accresce la percezione di veridicità dell’accusa.

Per i lettori, ciò che viene scritto su giornali o riviste è spesso considerato più credibile, il che amplifica ulteriormente il danno subito dalla persona diffamata.

Integrazione tra art. 595 c.p. e art. 13 L. 47/1948

Va sottolineato che la fattispecie prevista dall’art. 13 della Legge 47 del 1948 non costituisce un reato autonomo, ma rappresenta una circostanza aggravante complessa che si innesta sul reato di diffamazione già disciplinato dall’art. 595 c.p.

In questo senso, la combinazione tra l’aggravante del fatto determinato (2° comma) e l’aggravante del mezzo di stampa (3° comma) può comportare una pena molto più severa rispetto a una semplice accusa di diffamazione.

La Corte di Cassazione, in più occasioni, ha evidenziato come l’utilizzo del mezzo stampa non solo moltiplica il numero dei destinatari dell’offesa, ma aumenta anche l’attenzione e la gravità con cui l’accusa viene percepita.

L’impatto dei media digitali

Con l’avvento di internet e dei social media, i confini della diffamazione a mezzo stampa si sono estesi ulteriormente.

Anche se la normativa tradizionale si riferisce alla stampa cartacea, la giurisprudenza italiana ha esteso questa disciplina anche ai blog, ai portali di notizie online e alle piattaforme social, considerando la loro enorme capacità di diffusione delle informazioni.

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