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Quando spetta il mantenimento all’ex coniuge
In materia c’è spesso un pò di confusione.
Il primo aspetto da ricordare è che il mantenimento dovuto per i figli e ben diverso da quello richiesto dal coniuge separato o divorziato.
L’importo che il genitore corrisponde per il mantenimento dei figli è sempre dovuto in quanto tutela gli stessi fino al raggiungimento di una propria autonomia economica (sebbene anche parziale).
L’assegno divorzile ovvero il mantenimento dopo la separazione nei confronti dell’ex coniuge si basa su presupposti diversi ed è assolutamente distinto da quello relativo ai figli.
Mantenimento solo se necessario
Nel tempo la posizione della giurisprudenza è molto cambiata.
Ad oggi è ormai prevalente l’indirizzo giurisprudenziale in forza del quale, sostanzialmente, chi ha una propria capacità reddituale non deve vivere sulle spalle dell’altro coniuge, anche se più ricco.
Tale valutazione di massima deve poi essere adattato al caso concreto valutando le specificità del caso e gli eventuali correttivi.
Ad oggi è possibile distinguere una differenza tra l’assegno di mantenimento dopo la separazione, il quale essendo un periodo transitorio, richiama ancora il criterio delle stesso tenore di vita tra i coniugi; e l’assegno divorzile in cui il suddetto criterio è sostanzialmente scomparso.
Non si può nascondere che l’intervento della Cassazione e delle Sezioni Unite sul punto non potrà avere effetti anche in sede di separazione (oltre che nel divorzio).
Il mantenimento e l’assegno divorzile
La giurisprudenza è arrivata a stabilire il principio per cui l’assegno divorzile non deve garantire più lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio.
La valutazione è adesso incentrata sulla capacità e possibilità lavorativa. Il coniuge autosufficiente non ha diritto all’assegno divorzile.
Anche laddove vi sia una disparità reddituale evidente tra i due ex-coniuge, non si potrà appellarsi al criterio del “tenore di vita” per assicurarsi una rendita perpetua.
Come sopra già anticipato, questo la valutazione dell’autosufficienza economica deve però tenere conto del caso in concreto.
In particolare, dovrà essere oggetto di specifica valutazione il contributo che il coniuge più debole ha dato al patrimonio famigliare e personale del altro coniuge.
Si vuole in tal modo evidenziare che, talvolta, accade che i sacrifici di un coniuge (si pensi alla donna che rinuncia alla carriera per dedicarsi alla famiglia ed i figli) permette all’altro di poter migliorare il proprio reddito e la propria capacità patrimoniale.
Mantenimento e capacità lavorativa
Altra valutazione dovrà comunque effettuarsi in relazione alla concreta capacità lavorativa dell’altro coniuge.
In sintesi, due sono gli aspetti principali:
- l’eta anagrafica. Secondo la Cassazione lo spartiacque è indicato all’incirca nei 50 anni, sempre considerando il caso concreto (precedenti lavori, qualifiche, specializzazione del coniuge);
- stato di salute. Evidenti e rilevanti menomazioni della propria integrità psicofisica dovranno essere considerate ance al fine di determinare il possibile assegno di mantenimento.
Sebbene sarà necessario considerare i suddetti criteri, tra questi non rientra quello dell’eguale “tenore di vita”.
[nota]
Semplicisticamente il criterio del “tenore di vita” comportava una uguale distribuzione della capacità reddituale. Se il marito guadagnava 4.000 euro e la moglie solo € 1.000; quest’ultima aveva diritto ad un integrazione per arrivare ai € 2.500 (metà della somma reddituale).
Quanto bisogna guadagnare perché ci sia autosufficienza economica?
La domanda non ha una risposta unica.
Nel tempo parte della giurisprudenza ha ritenuto di doversi riferire a dei multipli della pensione sociale; in altri casi, il criterio era quello della soglia per il gratuito patrocinio.
Oggi la Cassazione afferma che l’importo reddituale non può essere predeterminato a priori, ma deve considerare le diverse circostanza del caso concreto.
E’ evidente che chi abita in un contesto sociale in cui si vive degnamente con mille euro al mese, non può essere paragonato a chi abito in luoghi in cui con mille euro non riesce a pagare neanche un affitto.
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