Liquidazione del patrimonio e sovraindebitamento

Sommario

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La procedura di liquidazione dei beni

La liquidazione del patrimonio è una procedura che inizialmente non era prevista nella prima versione della legge sul sovraindebitamento.

Al tempo l’istituto si basava su una configurazione sostanzialmente negoziale senza alcuna alternativa liquidatoria.

La liquidazione del patrimonio è disciplinata dalla Sezione II del Capo II della testo di legge: liquidazione del patrimonioLegge 3 del 2012, ossia dagli articoli 14 ter e seguenti.

La finalità è quella di soddisfare i propri creditori mettendo a disposizione tutto il proprio patrimonio (anche se irrisorio), potendo escludere solo alcuni beni (indicati dall’art. 14 ter, comma 6). In questo modo il debitore riesce a non pagare legalmente i debiti pagare i propri debiti per quanto possibile.

Si specifica sin da subito che rientrano nel patrimonio liquidabile anche tutti i beni sopravvenuti nei 4 anni successivi al deposito della domanda (art. 14 undecies).

Pertanto, se successivamente all’apertura della procedura di liquidazione, il debitore acquisisse degli ulteriori beni gli stessi dovranno considerarsi parte del patrimonio da liquidarsi.

Parte della dottrina ritiene che tale procedura sia affine a quella del fallimento. Difatti in molti parlano di “piccolo fallimento”.

Liquidazione del patrimonio: quanti debiti mi vengono cancellati?

Come già detto, con la liquidazione del patrimonio, il debitore mette a disposizione tutto quello che ha ed ottiene la liberazione da tutti i debiti.

Non esiste una percentuale minima di soddisfazione dei creditori. La legge non indica nulla in tal senso.

Possiamo ottenere la cancellazione di debiti anche di diversi milioni di euro a fronte di pagamenti particolarmente “contenuti”. In merito vi segnaliamo:

La liquidazione comprende proprio tutti i beni del debitore?

La ratio della legge è quella di prevedere la liquidazione “integrale” del patrimonio del debitore.

D’altra parte, esistono dei beni che non sono pignorabili o che comunque devono escludere per legge o per prassi dai beni liquidabili.

Si evidenzia che si tratta di ipotesi ben specifiche o ben motivate che pertanto consentono di escludere un determinato bene dalla procedura liquidatoria.

Di seguito, riportiamo alcuni casi utili:

Liquidazione del patrimonio e stipendio del debitore

All’interno della procedura di liquidazione rientra anche solo parzialmente lo stipendio (o comunque i proventi del debitore) e solo per la durata della procedura di liquidazione (in linea di massima quattro anni).

La decurtazione della predetta retribuzione dovrà sempre e comunque garantire al debitore ed al suo nucleo familiare la possibilità di far fronte alle necessarie esigenza della famiglia.

La legge infatti stabilisce espressamente che devo essere lasciate nella disponibilità del debitore tutti gli importi necessari al mantenimento del nucleo familiare.

L’art. 14 ter L. 3/2012 prevede espressamente:

6. Non sono compresi nella liquidazione:
a) i crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile;
b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice;
c) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’articolo 170 del codice civile;
d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

In merito si riportano alcuni articoli di approfondimento:

Liquidazione del patrimonio senza soldi e patrimonio

A fronte di quanto sopra espresso speso i clienti ci pongono la seguente domanda: ma se non ho nulla? ossia,  se il debitore non ha nessun patrimonio da liquidare può comunque accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio.

Allo stato attuale la risposta è duplice.

Da un lato la Legge sul sovraindebitamento presuppone l’esistenza di un patrimonio da liquidare (anche al massimo tramite liquidità prestate da terzi) e pertanto esclude di fatto la possibilità di poter accedere alla relativa procedura di liquidazione.

D’altra parte con l’entrata in vigore della nuova legge “Codice della crisi e dell’insolvenza” (D.Lgs 12.01.2019 n. 19) è prevista la possibilità di aprire delle procedura di liberazione dei debiti anche con patrimonio “zero”.

Debitore che può attivare la procedura di liquidazione del patrimonio

La procedura di liquidazione dei beni è effettivamente una alternativa alle altre procedure di sovraindebitamento. L’art. 14 ter stabilisce:

1 – In alternativa alla proposta per la composizione della crisi, il debitore, in stato di sovraindebitamento e per il quale non ricorrono le condizioni di inammissibilità di cui all’articolo 7, comma 2, lettere a) e b), può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni.

Il riferimento al generico “debitore” evidenzia che la procedura è ricorribile sia dal debitore (non fallibile) che dal consumatore.

 

[nota]

E’ opportuno osservare che la procedura di liquidazione del patrimonio oltre ad essere una autonoma ed alternativa procedura di sovraindebitamento promossa dal debitore, può essere anche attivata dai creditori come evoluzione sanzionatoria della cattiva evoluzione dell’attivata procedura di accordi di composizione o piano del consumatore.

In altri termini: il debitore attiva, ad esempio, la procedura di “accordo con i debitori” (altra procedura prevista dalla Legge sul sovraindebitamento) ma la stessa non va a buon fine e pertanto i relativi creditori richiedono la conversione della procedura in liquidazione del patrimonio.

La possibilità è prevista dall’art. 14-quater ed è tecnicamente denominata “liquidazione per conversione”.

 

Criteri di ammissione della liquidazione del patrimonio

La legittimazione attiva ed i criteri di ammissione sono analoghi a quelli analizzati in generale.

Ai sensi del sopra citato primo comma dell’art. 14 ter è necessario:

  • punto a) il debitore non deve essere soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla legge sul sovraindebitamento;
  • punto b) il debitore non ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di sovraindebitamento;
  • in realtà anche i punti c) e d) previsti dall’art. 7, comma 2, risultano essere necessari. Sul punto si rinvia all’articolo di approfondimento sotto riportato;
  • ai sensi dell’art. 14-quinquies, comma 1, la domanda di liquidazione è inammissibile anche se il debitore ha compiuto atti in frode ai creditori negli ultimi 5 anni.

Per i relativi approfondimenti ed evitare inutili ripetizioni si riporta il seguente link per la lettura:

Il debitore fideiussore e la liquidazione del patrimonio

La giurisprudenza e dottrina si sono interrogati negli anni in che limiti il fideiussore possa accedere alle procedura di sovraindebitamento.

Difatti molto spesso accade che, ad esempio, il proprio genitore presti una fideiussione a favore del figlio per poter ottenere una fideiussione da parte della banca.

Il fideiussore sebbene risulti essere un mero garante, spesso, è in realtà la persona più esposta all’escussione da parte dei creditori e pertanto risulta essere particolarmente importante comprendere se lo stesso possa accedere alle procedura di sovraindebitamento.

Ad oggi, la giurisprudenza e dottrina sono concordi nel ritenere che il debitore fideiussore possa accedere alle procedura di sovraindebitamento.

Esistono però alcune limitazioni per le quali vi invitiamo a leggere il relativo articolo:

La durata della procedura di liquidazione del patrimonio

Come stabilito dall’art. 14 quinquies, comma 4:

La procedura rimane aperta sino alla completa esecuzione del programma di liquidazione e, in ogni caso, ai fini di cui all’articolo 14undecies, per i quattro anni successivi al deposito della domanda.

Analogamente anche l’art. 14novies, comma 5, dispone:

Accertata la completa esecuzione del programma di liquidazione e, comunque, non prima del decorso del termine di quattro anni dal deposito della domanda, il giudice dispone, con decreto, la chiusura della procedura.

Pertanto la durata minima della procedura di liquidazione del patrimonio è sicuramente di 4 anni.

Il termine inizia a decorrere dal “deposito della domanda” di liquidazione. La dottrina evidenzia che sarebbe stato più corretto far decorrere il termine dalla data del decreto di apertura.

La durata massima della procedura di liquidazione

Abbiamo compreso che la durata minima della procedura di liquidazione è di 4 anni. Qual’è la durata massima?

La giurisprudenza ritiene che il termine di quattro non sia un termine immodificabile, ma lo stesso debba adattarsi in funzione del caso concreto.

Spesso all’interno delle procedura di liquidazione il debitore mette a disposizione la propria casa (anche se di valore contenuto) tacitando in tal modo le pretese dei creditori.

In tali casi, allungare il periodo della procedura di liquidazione oltre i quattro anni non appare utile in quanto comunque i creditori troveranno il loro pagamento prevalentemente (o esclusivamente) dalla vendita dell’immobile.

Diversamente vi possa essere delle situazioni in cui il debitore non possieda neanche una casa e pertanto lo stesso possa mettere a disposizione solo parte (un quinto) del proprio stipendio.

In quest’ultimo caso, la possibilità di allungare la durata della procedura di liquidazione potrebbe rilevarsi necessario al fine di garantire ai creditori un soddisfacimento almeno in minima parte.

In merito vi segnaliamo questo articolo in cui esaminiamo un caso del Tribunale di Milano: durata procedura di liquidazioneCancellazione dei debiti con 260 euro mensili per sei anni

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