Responsabilità Medica a Bologna: Analisi di una Sentenza su Artoprotesi e problemi Decubito

Sommario

Responsabilità Medica in Ospedale: Cosa Dice la Corte di Appello di Bologna

Sintesi Legale della Sentenza

La recente sentenza della Corte di Appello di Bologna offre interessanti spunti giuridici in tema di responsabilità medica, dimostrando la complessità delle valutazioni su potenziali negligenze sanitarie.

Contesto del Caso

La vicenda riguarda il decesso di una paziente di 93 anni, avvenuto nell’gennaio 2018 dopo un ricovero presso una struttura sanitaria bolognese. La figlia della donna ha citato in giudizio la struttura chiedendo un risarcimento danni di €456.011,55, accusando i medici di:

– Errata gestione delle piaghe da decubito
– Ritardato trattamento delle lesioni
– Presunta responsabilità nella morte della madre

Decisione della Corte

La Corte di Appello di Bologna ha respinto integralmente le richieste della parte attrice, confermando la sentenza di primo grado e riconoscendo la correttezza dell’operato dei sanitari.

I giudici hanno escluso categoricamente un nesso causale tra le condizioni della paziente e l’operato medico, basandosi su:

1. Consulenza Tecnica del Pubblico Ministero
2. Analisi istologiche autoptiche
3. Valutazione complessiva delle condizioni cliniche preesistenti

La paziente presentava una situazione clinica estremamente complessa, caratterizzata da:

– Età avanzata (93 anni)
– Osteoporosi severa
– Pregressi esiti di ictus cerebrale
– Multiple patologie cardiovascolari
– Recente intervento di artroprotesi all’anca

La morte è stata ricondotta a un quadro clinico multifattoriale:

– Arresto cardio-respiratorio
– Insufficienza multi-organo
– Polmonite bilaterale
– Condizioni cliniche pregresse

Aspetti Legali Rilevanti

La sentenza ribadisce principi giuridici fondamentali in tema di responsabilità medica:

– L’onere della prova spetta a chi accusa
– Mere supposizioni non sostituiscono l’evidenza scientifica
– La consulenza tecnica del PM ha valore probatorio nel giudizio civile

I giudici hanno riconosciuto che i sanitari hanno:

– Seguito correttamente le linee guida
– Attuato le migliori strategie terapeutiche
– Gestito adeguatamente le lesioni da decubito

La sentenza conferma l’importanza di una valutazione medico-legale rigorosa, che tenga conto della complessità clinica dei pazienti, specialmente in casi che coinvolgono soggetti anziani e polipatologici.

FAQ – Responsabilità Medica e Onere della Prova

Cosa si intende per responsabilità medica?

La responsabilità medica riguarda l’obbligo del personale sanitario di fornire cure adeguate e diligenti, rispondendo civilmente e/o penalmente in caso di negligenza.

Come si prova la responsabilità medica?

Occorre dimostrare un nesso causale diretto tra l’azione/omissione del medico e il danno subito, mediante consulenze tecniche e prove scientifiche.

Cosa fare in caso di sospetta negligenza medica?

È consigliabile:
1. Raccogliere documentazione clinica
2. Consultare un legale specializzato
3. Valutare l’avvio di un’azione legale

Qual è il termine per fare causa per responsabilità medica?

Il termine di prescrizione è generalmente di 5 anni dal momento in cui si è verificato il fatto dannoso (o si è avuto contezza dello stesso).

Corte appello Bologna sez. II, 16/01/2024 n.91

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1) Na.Lo. conveniva, dinanzi al Tribunale di Bologna, la (…) s.p.a. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi euro 456.011,55, subiti iure proprio e iure hereditario per la morte, in data 16.1.2018, della madre Ca.Le., asseritamente causata dell’errata e ritardata cura di una piaga da decubito al piede sinistro durante il ricovero presso la struttura convenuta dal 05.12.2017 al 04.01.2018.

Con sentenza n. 20606/20 il Tribunale rigettava la domanda aderendo alle conclusioni del CT del PM, dott. (…) il quale accertava che la morte della Ca. si era verificata per “arresto cardio-respiratorio terminale da insufficienza multi organo in polmonite bilaterale in paziente affetta da cardiopatia ischemica cronica di grado moderato, esiti di ictus cerebri, senectus in recente intervento di artroprotesi anca sinistra con sindrome ipocinetica”, escludendo qualsiasi efficacia eziologica delle piaghe da decubito, risultate anzi adeguatamente trattate e prive di fatti infettivi come da analisi istologica eseguita in corso di autopsia.

Rilevata la manifesta infondatezza degli addebiti mossi dall’attrice all’operato dei sanitari, e il loro palese contrasto con gli accertamenti autoptici compiuti, il Tribunale revocava ex art. 136 c.2 d.P.R. 115/02 l’ammissione della Na. al gratuito patrocinio a spese dello Stato.

Avverso tale sentenza proponeva appello la Na. insistendo per l’accoglimento della domanda presentata in primo grado e per la “riforma della sentenza nella parte in cui revocava l’ammissione al gratuito patrocinio”.

(…) si costituiva opponendosi all’appello, infondato in fatto e in diritto. La causa veniva posta in decisione sulle conclusioni di cui in epigrafe in esito all’udienza del 06.6.2023, sostituita ex art. 127-ter c.p.c. dal deposito di note. 2) L’appello, che, per disorganicità delle argomentazioni si pone al limite dell’inammissibilità ex art. 342 c.p.c., non può trovare accoglimento, risultando in parte inammissibile e per il resto gravemente infondato.

Il profilo di inadempimento relativo alla mancata diagnosi, da parte dei sanitari di (…), della polmonite bilaterale che affliggeva la Ca., diagnosticata dal personale del PS dell’Ospedale Maggiore in data 04.01.2018 in occasione di una visita presso l’ambulatorio (…), è nuovo e diverso da quello avanzata in primo grado, dove la responsabilità nella casa di cura è stata allegata unicamente con riferimento al trattamento delle piaghe all’arto inferiore sinistro; né tale nuova prospettazione trova fondamento su circostanze emerse in corso di causa.

Si tratta dunque di censura inammissibile.

3) Ancora in via preliminare, deve rilevarsi che non risulta proposta in primo grado la domanda di risarcimento del danno biologico temporaneo relativo alle piaghe da decubito, patito dalla Ca. durante il ricovero presso (…).

In ogni caso, non vi è appello per omessa pronuncia sul punto.

4) Quanto alla domanda di responsabilità della casa di cura fondata sull’asserito nesso causale fra le piaghe da decubito e la morte della Ca., richiamato il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la consulenza tecnica svolta dal pubblico ministero è utilizzabile nel giudizio civile risarcitorio, potendo il giudice civile porre a fondamento del proprio convincimento anche le prove formate in un diverso processo, svoltosi tra le stesse o altre parti, ritualmente acquisite al giudizio civile e sulle quali sia stato consentito il contraddittorio (v. fra le tante Cass. 30298/23), anche questa Corte condivide le considerazioni del CT del PM, della cui attendibilità e correttezza, anche rispetto agli elementi di fatto assunti come base delle valutazioni tecniche da egli effettuate, non si ha motivo di dubitare.

L’atto di appello non evidenzia, d’altronde, specifiche criticità dell’affermazione, da parte del CT (…), dell’insussistenza del nesso causale tra le condizioni dell’arto inferiore sinistro della paziente e l’exitus. Come rilevato dal Tribunale, neppure la CTP del dott. Ca. contiene argomentazioni articolate e convincenti che facciano dubitare della correttezza della perizia del consulente del PM; d’altronde, la contestazione dell’esattezza delle conclusioni dell’espletata consulenza mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse delle diverse valutazioni espresse – genericamente e aprioristicamente – dal difensore e dal CTP non serve, di per sè, ad evidenziare alcun errore delle prime, essendo per di più le argomentazioni dell’esperto nominato dal magistrato, assistite da presunzione di imparzialità.

Orbene, posto che la mancata produzione delle linee guida da parte di Vi. lamentato a p. 26 dell’atto di appello è fatto del tutto inidoneo a fondarne, da solo, la responsabilità per colpa medica, come emerge dalla CT Tu., la Ca. – pensionata di 93 anni affetta da osteoporosi severa, ictus cerebri, ateromasia carotidea, FA parossistica, brachicardia, scompensi cardiaci e una piaga da decubito sul calcagno sinistro per la quale erano da tempo in corso medicazioni domiciliari, dimessa in data 05.12.2017 dall’Ospedale Maggiore di Bologna dopo un ricovero durato circa due settimane per un intervento revisione di artroprotesi d’anca – è deceduta per arresto cardiaco-respiratorio terminale da insufficienza multi-organo in polmonite bilaterale. Tale condizione si è verificata per “il prolungato allettamento dato dalle precarie condizioni di salute post-intervento di revisione di artroprotesi d’anca, le condizioni precorrenti (scompenso cardiaco congestizio ed esiti di ictus cerebri) e la sopravvenuta patologia infettiva polmonare”, circostanze non imputabili all’operato, del tutto corretto, dei sanitari che hanno avuto in cura la paziente, e dunque verificatesi, “nonostante le adeguate terapie fornite”, secondo quanto sovente accade “nei soggetti anziani e polipatologici”.

Nessun rilievo nella causazione della morte ha dunque avuto il trattamento delle piaghe da decubito effettuato dai sanitari della convenuta, corretto giacché rispondente, come espressamente riferito dal CT Tu., alle raccomandazioni desumibili dalla letteratura di settore.

Non c’è nessuna prova che l’asserita infezione delle lesioni da decubito si sia diffusa fino a “diventare un’infezione sistemica, vale a dire coinvolgere l’intero organismo, portando alla comparsa di febbre, abbassamento del sistema immunitario a causa di infezioni batteriche” (atto di appello, p. 25).

Rileva peraltro la Corte che il referto di consulenza infermieristica per ferite difficili del 04.1.2023 (fasc. appellante, doc. 4 A1, all. 10) non fa menzione dei pretesi fenomeni infettivi, come si è detto non riscontrati dal CT Tu. ed esclusi all’esito delle analisi istologiche effettuate sui prelievi eseguiti sulle ferite in corso di autopsia. L’insussistenza del lamentato inadempimento della casa di cura in tutta evidenza preclude anche l’accoglibilità della domanda di risarcimento del danno da perdita di chances di guarigione.

In conclusione, vale evidenziare che la perizia del CT Tu., volta a indagare la correttezza dell’operato di tutti i sanitari che ebbero in cura la Ca., ha escluso la ravvisabilità di qualsivoglia elemento di censura dell’operato dei sanitari attestando che, per la paziente, “furono messe in atto le migliori strategie terapeutiche per l’epoca, secondo le più aggiornate Linee Guida”.

5) Quanto alle istanze istruttorie reiterate dall’appellante, i capitoli di prova orale (1): “Vero che Lei tramite il cup presente in farmacia (ora farmacia (…), allora Farmacia S.), ha fissato al 4 gennaio 2018, dietro sollecitazione della Signora Lo.Na., una visita presso l’ambulatorio delle ferite difficili dell’Ospedale Maggiore?”; 2) “Vero che Lei ha fissato l’appuntamento di cui al capitolo 1 in quanto la Signora Lo.Na. le aveva mostrato le riproduzioni fotografiche delle piaghe da decubito della Signora Le.Ca. (cfr. doc. 4, fasc. B, all. 27-28), lamentandone l’aggravamento oggettivo e comunicandole le proprie preoccupazioni sulle condizioni della piaga da decubito al tallo-ne della madre? “; 3) “Vero che in data 5 gennaio 2018 la Signora Na. vi ha fatto recapitare la lettera che si rammostra (cfr. doc. 4, fasc. B, all. 29), in cui vi ringraziava dell’aiuto datole nell’assistenza alla propria madre compreso l’aiuto per la prenotazione al reparto ferite difficili?” 4) “Vero che presso la Farmacia in cui lei lavora (ora farmacia (…), allora Farmacia S.) tutti i medicinali per la Signora Le.Ca. ed i materiali di necessità per la stessa, venivano acquistati materialmente in loco dalla figlia Lo.Na.?” 5) “Vero che nel periodo ricompreso tra il 2012 ed il 2017 lei si recava con cadenza settimanale nell’appartamento della Signora Le.Ca. ed ha potuto assistere alla cura della Signora Na. nei confronti della madre come: preparazione dei pasti e darle da mangiare, pulizia e ordi-ne della casa e aiuto materiale alle necessità della madre?” 6) “Vero che a seguito del decesso della Signora Le.Ca.; Lei ha prestato dei soldi alla Signora Lo.Na. come aiuto economico al so-stentamento della stessa?”; 7) “Vero che lei ha potuto verificare insieme alla Signora Lo.Na. che a dicembre 2017 e gennaio 2018 durante la degenza in (…), il letto della Signora Le.Ca. non presentava materassi da decubito con dispositivo di un compressore per la regolazione della pressione fornita dal materasso ad aria?”; 8) “Vero che lei era presente nel momento in cui la Signora Lo.Na., il 31 dicembre 2017 ed il 3 gennaio 2018, ha scattato le foto che si rammostrano (cfr. doc. 4, fasc. B, all. 27-28) durante la degenza della Signora Le.Ca. presso (…), attestanti le fasciature e con-dizioni della piaga da decubito al tallone?”); sono tutti ininfluenti ai fini del decidere, viepiù alla luce di quanto sopra già esposto.

Né va dato ingresso alla CTU richiesta per accertare “la corrispondenza del danno occorso alla Signora Le.Ca. alle risultanze di cui alla CTP del Dott. Ma.Ca. e comunque accertare il ritardato prima e l’errato poi, trattamento delle piaghe da decubito e la riconducibilità del decesso della Signora Le.Ca. all’inadempimento e/o l’inesatto adempimento contrattuale di spedalità e assistenza sanitaria a carico di (…), alla luce delle considerazioni già svolte sull’attendibilità e sulla completezza della perizia del CT Tu.

6) Non compete a questo giudice provvedere sull’impugnazione del rigetto dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio contenuta nella sentenza del Tribunale. Infatti, come insegna la S.C., il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, comunque pronunciato (sia con separato decreto che all’interno del provvedimento di merito) deve essere sempre considerato autonomo e di conseguenza soggetto ad un separato regime di impugnazione ovvero l’opposizione ex art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 e 15 del d.lgs. 150 del 2011 (Cass. 1611/20).

7) Le spese di lite del grado, liquidate come da nota, seguono la soccombenza.

PQM
P.Q.M.
La Corte, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando rigetta l’appello proposto da Na.Lo. nei confronti della (…) avverso la sentenza n. 20606/20 del Tribunale di Bologna.

Condanna l’appellante a rifondere all’appellata le spese di lite del grado che liquida in euro 14.317,00 per compensi, oltre al 15 per cento per rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater d.P.R. 115/02 per il pagamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Bologna il 19 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2024.

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