La diminuzione del reddito non sempre giustifica una riduzione automatica dell’assegno di mantenimento per i figli.
La legge, infatti, è chiara: ogni richiesta di modifica deve passare attraverso il tribunale e deve essere supportata da prove concrete.
Sei stato obbligato a versare un contributo mensile per il mantenimento del tuo bambino dopo la separazione.
Tuttavia, il peggioramento delle tue condizioni lavorative e la formazione di una nuova famiglia ti spingono a chiederti se puoi ridurre l’importo.
Vediamo insieme quando e come è possibile richiedere la riduzione dell’assegno di mantenimento in base alla normativa vigente e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali.
Riduzione dell’assegno di mantenimento figli: cosa dice la legge?
In Italia, il mantenimento dei figli è regolato principalmente dagli articoli 147 e 148 del Codice Civile, i quali stabiliscono che entrambi i genitori hanno l’obbligo di contribuire in proporzione alle loro risorse economiche.
Tuttavia, se le condizioni economiche di uno dei genitori cambiano in modo significativo, è possibile richiedere una revisione dell’assegno di mantenimento. Questo può accadere sia in caso di separazione, sia di divorzio.
La richiesta di modifica deve essere fatta attraverso una nuova istanza presentata al giudice, che valuterà se sussistono i requisiti per una riduzione.
È importante sottolineare che la riduzione non è mai automatica: se il genitore obbligato al pagamento decide autonomamente di versare un importo inferiore, rischia di incorrere in sanzioni legali, come il pignoramento dei beni o altre misure coercitive.
Mantenimento figli: cos’è?
Il mantenimento dei figli è un dovere legale, e questo obbligo permane anche dopo la separazione o il divorzio dei genitori.
In base alla legge, il genitore non affidatario, ovvero colui che non convive con il figlio, è tenuto a versare una somma mensile a titolo di contributo per le spese ordinarie e straordinarie del minore.
Tra le spese ordinarie rientrano:
- Vitto, alloggio e abbigliamento;
- Istruzione, come tasse scolastiche, libri di testo e materiali didattici;
- Assistenza sanitaria ordinaria, inclusi farmaci e visite mediche.
Le spese straordinarie comprendono invece eventi imprevedibili, come interventi chirurgici, terapie specifiche o viaggi studio.
È importante ricordare che le spese straordinarie devono essere concordate tra i genitori e, in caso di disaccordo, può intervenire il giudice.
Secondo l’art. 337-ter del Codice Civile, l’importo del mantenimento deve garantire al figlio uno stile di vita simile a quello goduto durante la convivenza con entrambi i genitori, bilanciando le risorse economiche di entrambi.
Mantenimento figli: come si calcola?
Il calcolo dell’importo dell’assegno di mantenimento non segue una formula rigida, ma si basa su diversi fattori che il giudice deve considerare caso per caso.
Tra i principali parametri ci sono:
- Le esigenze attuali del figlio, che possono variare notevolmente in base all’età e alle necessità specifiche;
- Il tenore di vita che il minore ha avuto durante il matrimonio o la convivenza dei genitori;
- Le risorse economiche complessive di entrambi i genitori, includendo non solo i redditi ma anche il patrimonio mobiliare e immobiliare;
- Il tempo che ciascun genitore dedica alla cura del figlio e il contributo domestico.
Un altro aspetto rilevante è la capacità patrimoniale del genitore, che non si limita al reddito da lavoro, ma include anche eventuali proprietà, investimenti e partecipazioni societarie.
Secondo la giurisprudenza recente, il giudice può tenere conto anche delle eventuali nuove relazioni del genitore obbligato e dell’eventuale nascita di altri figli, ma ciò non implica una riduzione automatica dell’importo del mantenimento.
Mantenimento figli: quando chiedere la riduzione?
Vediamo ora quando è possibile richiedere una riduzione dell’assegno di mantenimento.
Esempi pratici e giurisprudenza
Supponiamo che, a seguito della separazione, un genitore sia obbligato a versare un assegno mensile di 500 euro per il mantenimento della figlia.
Successivamente, questo genitore forma una nuova famiglia e ha un altro figlio. Al contempo, subisce una riduzione del proprio reddito lavorativo.
In un caso simile, i giudici hanno stabilito che la nascita di un nuovo figlio o la riduzione dei redditi non sono da sole sufficienti a giustificare una riduzione dell’assegno.
La legge, infatti, prevede che venga valutata anche la capacità patrimoniale complessiva del genitore, inclusi eventuali immobili o partecipazioni societarie.
Come presentare la richiesta di riduzione
Per chiedere una revisione dell’assegno di mantenimento, è necessario dimostrare che ci sono stati cambiamenti significativi rispetto alla situazione economica esistente al momento della separazione o del divorzio.
Le cause più comuni includono:
- Calo significativo del reddito, ad esempio a causa di licenziamento o riduzione delle ore di lavoro;
- Costituzione di un nuovo nucleo familiare, con conseguente aumento delle spese;
- Problemi di salute che riducono la capacità lavorativa del genitore obbligato.
Tali cambiamenti devono essere documentati e presentati al giudice tramite un’istanza formale.
È fondamentale che le modifiche siano concrete e non temporanee. Ad esempio, una riduzione momentanea del reddito dovuta a una crisi lavorativa non giustifica una revisione permanente dell’importo dell’assegno.
Obblighi del genitore richiedente
Nel frattempo, il genitore obbligato non può decidere autonomamente di versare un importo inferiore.
Ogni modifica deve essere approvata dal giudice. In caso contrario, l’ex coniuge potrebbe richiedere l’esecuzione forzata dell’assegno, con rischi di sanzioni legali, tra cui il **pignoramento** dei beni o del salario.
Conclusioni: la centralità dell’interesse del minore
In ogni decisione relativa al mantenimento dei figli, il tribunale pone sempre al centro l’interesse del minore.
Pertanto, ogni richiesta di riduzione deve essere giustificata da reali cambiamenti nelle condizioni economiche, ma non deve mai compromettere il benessere e il futuro del figlio.